L’opera di Peppe Cappello si presenta sotto forme diverse: pittura, installationi, sculture.
La pittura è per lui un metodo d’investigazione e di comunicazione privilegiato.
Questo si traduce in un’attrazione primitiva e sensibile per il colore, la trasparenza, la sensualità e un reale piacere che restano per lui sempre contemporanei ed essenziali.
Ama giocare a far confusione, creando disordine e inquietanti passerelle, ponti, legami tra antico et contemporaneo, fra estetica ellenistica e immaginario attuale, tra “sex-symbol” e canoni di bellezza greca, tra drammaturgia teatrale e banalità pubblicitaria, tra classicismo di bellezza antica et colori forti e vivaci.
I suoi personaggi sono irradianti e irradiati, icone mitiche, mistiche, che liberano un alone luminoso. La scrittura onnipresente partecipa all’irradiazione, appiattisce il soggetto, lo fa vibrare.
Le sue opere pittoriche si scompongono sempre in due parti distinte : un fondo monocromo et un soggetto “ritagliato” che si riducono quasi a due sole forme, una ricerca allo stesso tempo di purezza, di luminosità e di semplicità intensa.
Cathy Hazebrouck.
Il tema che affronta Peppe Cappello già da diversi anni costituisce in sé stesso un artificio, cioè un mezzo deviato per abbordare l'arte, e confrontarsi ad una realtà umana e sociologica.
La mucca gli è apparsa come il suo primo "cavallo di battaglia". Si tratta di grandi mucche pacifiche susseguitesi di opera in opera, che ci guardano inerti e placide. I soggetti sono spesso accompagnati da giochi di parole: "peau de vache", "vache jaune vachement jeune", o allora solo semplici annotazioni anatomiche.
Per oltrepassare la tela, l'artista ha prodotto oggetti nei quali persiste sempre una rappresentazione teatrale dell'animale questa volta sistemato in vetrina. Pecore impassibili chiuse in "graziose" scatole dai toni rosa, brucano un'erba artificiale. Cavalli "galoppano" sul posto come cavallini da giostra. È una constatazione ironica e senza concessione dentro piccole scatole eleganti ed ermetiche.
Nell'opera Animal in motion, le fotografie di Edward Muybridge sono reinterpretate secondo lo stesso registro estetico: un registro "pop", seducente ed artificiale, caratteristico dell'oggetto destinato al consumo.
Le riproduzioni dei cavalli del famoso fotografo sfuggono dalla instantanneità perenne della fotografia per essere consegnate al tempo dall'ossidazione del rame.
Attraverso il suo dispiegamento di artifici, l'artista ci offre uno sguardo allo stesso tempo ironico e seducente..
Cathy Hazebrouck,
Antibes, décembre 2001.
La mia ricerca artistica si basa su di una messa in scena ricorrente degli animali, che mi permette di mantenere un'ambiguità tra l'allegoria, la favola ed una rappresentazione scientifica. Riprendo volentieri le fiabe di Jean de La Fontaine: isolando i protagonisti dal contesto della favola, la narrazione si riassume allora alla
scrittura che isola l'animale in un momento preciso del racconto.
L'opera diventa allora comparabile ad un fotogramma cinematografico.
Animal in motion costituisce una successione di fotogrammi, anche se si potrebbero immaginare come un seguito di cavalli al galoppo uno dietro l'altro.
Tutta la serie di cavalli riprende la famosa ricerca fotografica realizzata tra 1877 e 1878 dal fotografo inglese Edward Muybridge, ed attraverso la quale dimostrò che un cavallo al galoppo ha sempre almeno due zambe sotto il ventre.
La scatola, altro tema del mio lavoro si trasforma in un piccolo teatro dentro al quale l'animale diventa l'attore unico ed incontestato. Quest'ultimo si distacca dal centro e si trova circondato dal verde intenso dell'erba che avvolge tutto l'interno della scatola. L'erba di un verde artificiale e sintetico causa una snaturalizzazione dell'animale chiuso in una scatola e sotto vetro.
La scatola simbolizza anche una finestra che come nel resto del mio lavoro si apre su un altro mondo popolato di animali al tempo stesso così diversi e stranamente così simili a noi, e la cui analisi oscilla tra favola e scienza.
Peppe Cappello,
Antibes, décembre 2001.
La mia è un’opera prettamente pittorica, anzi è anche una “bella” pittura, lavorata, che nasce da una ricerca sul colore e sulla materia, alla quale si accompagna una ricerca di tipo concettuale: l’animale nudo e la scrittura.
La pittura si intreccia ad una sorta di poesia visiva, che poesia non è, semmai è reduce della ricerca portata avanti dalla generazione dell’arte concettuale. In questa mia ricerca artistica, la scrittura diviene definizione, e contribuisce a dare significato non solo all’opera singola, ma a tutto l’insieme della delle opere, che perciò sono legate da una comune ricerca e per la quale ognuna rappresenta una sorta di variazione sul tema.
Nella stessa scrittura c’è una certa ricerca estetica: è una scrittura “costruita” e dipinta, ma anche primitiva.
Un ruolo importante è costituito dallo sfondo, quasi sempre monocromo, che conferisce all’animale un’apparenza surreale, e dal quale spesso si distacca per una semplice contrapposizione di colori complementari. La mia è una scelta artistica essenzialmente espressionistica, che non va confusa con l’intendere l’opera come frutto di un’ispirazione. L’espressività si può ravvisare nel segno grafico, o nella pennellata, che però vuole costitutire una pittura senza tempo.
Perciò ogni opera è mediata e studiata, facendo qualche volta delle sottili ironie mediante l’uso della scrittura.
Peppe Cappello,
Venezia, ottobre 1998.
… Proseguo e incontro la grande mucca di Peppe Cappello. Una mater mututae che sta serenamente accovacciata mostrando il suo immenso sedere come se fosse una montagna. Il sottile spaesamento provocato da quell’animale da macello che riesce invece a essere un paesaggio e insieme grande madre e quindi tutta la terra, mi fa sobbalzare e subito la metto da parte.
Chiara Bertola,
Venezia, giugno 1997.
Sottili giochi di parole, semplici indicazioni anatomiche o definizioni in varie lingue, desunte dai vocabolari, sono le didascalie che accompagnano i bovini di Peppe Cappello.
Un artista intelligente, che sa dosare in modo sottile ironia e qualità. Dalle notevoli doti espressive, ammette di ispirarsi alla stagione della “pop” americana, ma ritrova nell’universo del figurativo, la pura essenza della propria ricerca. Morbide forme di vacche, buoi e vitelli, diventano vivaci spunti per analizzare forme naturali. Non si tratta di semplici studi anatomici, ma di soggetti dotati di una propria autonomia formale. Lavora abilmente per sovrapposizione di segni, rivelando una notevole sensibilità grafica. Mai uguali nelle pose, gli animali si mostrano nella loro placida e totale fisicità. Per rappresentare questi soggetti a lui congegnali già da diversi anni, si esprime attraverso la grafite; altre, volte li realizza come sagome piane, caricandole di colori brillanti e innaturali.
Le opere di Peppe Cappello, si completano di sfondi monocromi. Sono le quinte di una realtà scenica volutamente negata, dove l’unico fulcro della composizione diventa la figura dell’animale in primo piano.